Il lago artificiale di Muro Lucano, descrizione e sviluppo dell’impianto
Il bacino imbrifero del lago artificiale di Muro Lucano è quello del fiume S.Pietro ed occupa la maggior parte di quello del fiume Pascone, un affluente del fiume di Muro che sfocia nel fiume Bianco. Ad est, nella parte meridionale, si trova il ba cino imbrifero degli altri affluenti del fiume Pascone, invece, nella parte settentrionale, vi è il bacino imbrifero del Torrente Bradano, un affluente del fiume di Atella, che si riversa nell’Ofanto. A settentrione vi sono parecchi bacini imbriferi degli affluenti dell’Ofanto, fra cui quello di R. Picocchia è il più notevole. Ad ovest si trova il bacino imbrifero del fiume Temede, cioè il corso superiore del Sele. A meriggio vi è il bacino imbrifero del fiume Malta, ossia il corso superiore del fiume di Muro.
La diga fu realizzata con getti orizzontali di cemento Portland artificiale in cassettature lignee, risulta sprovvista di sistema drenante e giunti di dilatazione. L’invaso si considera di grandi dimensioni, in base a considerazioni circa la volumetria invasabile e le dimensioni del corpo diga. Infatti, l’altezza da terra al coronamento, sia attuale che di progetto, supera i 15 m ed il suo volume di invaso, pari a circa 8.000.000 di metri cubi . Per completare la valutazione circa la catalogazione dell’invaso deve considerarsi la portata ed il salto, che sono inerenti alla produzione energetica. La portata massima assicurabile ad oggi si aggirerebbe intorno a 10 m³/s.
Per quanto concerne le considerazioni meramente tecnico-progettuali, essa si definisce a volta unica, o ad arco, in quanto gli sforzi vengono trasmessi principalmente alle sponde di valle. Con essi, cioè, si tende a conseguire la stabilità con la forma della struttura, anziché col peso. Si deve considerare che quanto più il corpo è sottile, tanto più s’intende compatibile con le esigenze della statica. Per quanto concerne le considerazioni meramente tecnico-progettuali, essa si definisce a volta unica, o ad arco, in quanto gli sforzi vengono trasmessi principalmente alle sponde di valle.
Con essi, cioè, si tende a conseguire la stabilità con la forma della struttura, anziché col peso. Si deve considerare che quanto più il corpo è sottile, tanto più s’intende compatibile con le esigenze della statica. Questa tipologia di infrastruttura si adatta alla perfezione se lo sbarramento viene a realizzarsi in gole montane, aventi una larghezza in sommità fino a 3 o anche 4 volte l’altezza sull’alveo. Essa presenta un maggiore sviluppo planimetrico in confronto ad una diga a gravità. Il profilo più snello, inoltre, comporta minori valori di scavo e di muratura.
Le dighe posso essere suddivise: in tracimabili o insommergibili, come nel caso in questione. A prescindere,sono strutture che offrono larghi margini di sicurezza: per esse non si lamenta alcun disastro. Il buon comportamento è stato constatato su dighe come la nostra, sottoposte ad azioni sismiche violente ed improvvise o come quella del Corfino, che si trovò nell’epicentro del moto sismico della Garfagnana (settembre 1920), rimanendo indenne. La volta dello sbarramento, fu realizzata per getti di conglomerato cementizio orizzontali, in strati elementari. Ognuno di questi prende il nome di anello di volta o semplicemente anello. Gli anelli hanno direttrice circolare e sono a spessore crescente dalla chiave alle imposte.
Dimensioni e geolocalizzazione
– Dati geografici (Comune prov. Località’) Contrada Pantanito Comune di Muro Lucano (PZ)
– Quota s.l.m.: 630m
– coordinate Latitudine: 40,761952 Longitudine: 15,478218
Stato di conservazione
Sul corpo diga è presente un’esigua vegetazione, originatasi dalle infiltrazioni d’acqua. Inoltre sono visibili macchie di colore scuro (probabilmente per l’azione dell’acqua sul ferro). Infine, svariate fratture e la fuoriuscita di qualche ferro delineano una bassa manutenzione della struttura.
Geomorfologia
SUD: paesaggio calcareo-carsico, rocce scoscese ricoperte da vegetazione. Il complesso roccioso presenta fratture dovute agli agenti atmosferici o all’azione erosiva delle infiltrazioni d’acqua nonostante le rocce siano state coperte da uno strato di materiale impermeabile (gunite). La gola interposta fra il complesso roccioso e il corpo diga, è attraversata dal torrente S. Pietro che alimentava il lago.
OVEST: i pendii sono dolci e l’altitudine si abbassa a 560 m slm. Rappresentava l’invaso originario. Il terreno è argilloso ma alterato da sedimenti accumulati dal fiume in corsa, che perdeva velocità una volta arrivato nell’invaso. Attualmente la zona è ricoperta da una fitta vegetazione, attraversata da un ruscello. Alla base della diga si trova un ammasso di rocce calcaree, anch’esse ricoperte da residui di gunite.
Impianto idroelettrico, cronologia dei lavori
Il progetto definitivo e la direzione dei lavori furono affidati al Dott. Angelo Omodeo che si avvalse di collaboratori locali; l’impresa appaltatrice fu quella di Paolo Buonasorte di Potenza. Fra i fornitori si annoverarono: per le paratoie e per le turbine due fabbriche di Zurigo, per gli organi di scarico una fabbrica di Brescia e per i cementi le Fabbriche riunite di Cementi e Calce di Bergamo. Dopo la costruzione della società e il rilascio delle varie concessioni, il 23 giugno 1914, si diede inizio alla costruzione della diga che sarebbe stata la prima del sud Italia. Si decise di procedere realizzando contemporaneamente sia il corpo diga che gli impianti idraulici per ottimizzare i costi e velocizzare i tempi di realizzazione.
Con il contratto di appalto, fu imposta la formazione di una strada di servizio di larghezza di carreggiata pari a 3 metri e lunga 5 Km. Si optò però per la realizzazione di un tratto di strada che collegava la frazione di San Biagio, quindi la rete varia preesistente, con il cantiere dell’invaso a corredo si realizzò una funicolare elettrica. Sulla strada furono montati dei binari su cui venivano trainati i carrelli per il trasporto dei materiali da costruzione.
Il 15 gennaio 1915 il presidente del consiglio di amministrazione, avvocato Fabrizio Laviano, con due consiglieri redassero un resoconto con lo scopo di aggiornare il consiglio e i soci sullo stato e l’andamento dei lavori. Dal documento si evincono le prime considerazioni a revisione del piano finanziario. Vennero a mancare le materie prime che aumentarono notevolmente il proprio prezzo, incominciò a scarseggiare la manodopera e le proiezioni per il futuro, riguardanti la crescita del mercato energetico, sembravano tutt’altro che rosee.Dopo avere eseguito lo scavo di fondazione, con l’utilizzo della dinamite, si procedette alla pulizia della roccia. A monte del nascente corpo diga si costruì un’anti-diga con canalone in legno per lo scarico e l’allontanamento rapido delle acque in caso di piena. Il giorno 19 agosto 1914 si iniziò la gettata del calcestruzzo delle fondazioni. Agli inizi del 1915 si era già giunti a gettare l’opera fino ad un’altezza di 32 metri, cioè a quota 573,3 metri sul livello del mare.
Nel momento in cui il presidente del consiglio di amministrazione scriveva, si era già formato, grazie all’antidiga, un invaso provvisorio di circa 2 milioni di metri cubi, e le speranze lasciavano intravedere una possibilità di invasare una quantità di acqua ben superiore agli 8 milioni previsti. Questo portò ad una riconsiderazione delle dimensioni dell’impianto e delle portate sfruttabili. Fu prevista una biforcazione al tubo di uscita della derivazione, in modo da poter inserire successivamente una seconda condotta e aumentare le portate turbinabili.
La parete fu dimensionata in base alla formula del cilindro, e verificata per anelli elastici orizzontali, sovrapposti, indipendenti ed incastrati alle estremità. Nel mese di gennaio del 1915,il fabbricato della centrale fu completamente ultimato, erano già stati consegnati gli alternatori ed ordinate le turbine. Per gli inizi del mese di aprile, consegnate le turbine, fu terminato l’allestimento della fabbrica. Queste turbine hanno il tubo d’aspirazione annegato, cioè con lo sbocco sotto il pelo minimo del canale di scarico. Agli inizi di dicembre del 1914 fu terminato il primo tratto di 850 metri di galleria, a partire dalla camera di manovra, e si iniziò subito la posa della condotta. Tale operazione fu portata a termine agli inizi del febbraio 1915.
Contemporaneamente, all’estremo del sifone, dove inizia la condotta forzata, si iniziò la realizzazione del tubo piezometrico in cemento, di due metri di diametro, e di altezza 45 metri, che fu ultimato nella primavera. Si eseguirono da subito, agli inizi del ’14, le diramazioni per Muro e Bella, con l’impianto delle rispettive cabine, che furono ubicate in questi paesi.
Per Muro si usò, come cabina, un locale di proprietà comunale, ubicato nell’edificio scolastico; per Bella, invece, si costruì un apposito fabbricato. Agli inizi del ’15 le linee urbane nei due centri erano già ultimate, con l’istallazione dell’illuminazione pubblica, e la centrale termoelettrica forniva energia agli impianti. Nello stesso periodo, anche gli impianti di luce nelle abitazioni private erano a buon punto: a Muro erano già duecento gli abbonati allacciati. Nel contempo si procedette alla installazione della linea per Potenza e alle diramazioni per Ruoti ed Avigliano, che furono completate e consegnate alla fine del ’15.
Bibliografia
- Impianto idro-elettrico sul fiume San Pietro a Muro Lucano 1911
- Domenico De Mascellis, Il lago artificiale di Muro Lucano, Torino unione tipografico-editrice torinese 1915
- Reale istituto di incoraggiamento di Napoli, G. De Lorenzo e H. Simotomai-Tanakadate, Studio geografico-fisico del lago artificiale di Muro Lucano, Napoli cooperativa tipografica 1916
- Alfredo Nardiello, Diga di ritenuta e centrale idroelettrica di Muro Lucano: ipotesi di recupero, finito di stampare nel mese di settembre del 2010 per conto del consiglio regionale della Basilicata