L’Etna

Storia Vulcanologica

Il vulcano Etna si è generato da eruzioni sottomarine in epoca quaternaria (circa 500.000 anni fa) che hanno anche contribuito alla formazione della Piana di Catania, dove vi era un golfo. Le eruzioni dell’Etna nell’Antichità sono state numerose, almeno 135.

Eruzione del 1669

Nel Medioevo il vulcano eruttò nel 1329 e nel 1381, propagando il terrore a tutta la popolazione risiedente nella zona. Ma è nel 1669 che avvenne il cataclisma più importane: il torrente di lava scende fino al mare devastando in parte Catania al suo passaggio. In epoca più recente le eruzioni più rilevanti sono:

Quelle del 1910 con la formazione di ventitré nuovi crateri;

Quella del 1917 quando una fontana di lava si innalza fino ad 800 m al di sopra della sua base;

Quella del 1923 dopo la quale la lava eruttata resta calda per oltre diciotto mesi.

Le ultime esplosioni di “collera” del vulcano hanno luogo nel 1928 quando una colata di lava distrugge Mascali, nel 1954, 1964, 1971, 1974, 1978, 1979, 1981, 1983, 1985, fino a quella del 1991 che termina dopo ben tre anni.

L’Etna mantiene sempre il suo pennacchio di fumo e può in qualsiasi momento entrare in attività. Intorno ai crateri, si notano le colate di lava: nere se sono recenti, grigie quando invece risalgono a periodi più remoti e cominciano a ricoprirsi di licheni. Le testimonianze delle colate sono prove dell’incessante attività del vulcano.

Caratteristiche strutturali del Vulcano

L’Etna è un vulcano costituito da una grande struttura centrale, dove si apre il cratere principale, profondo circa 350 metri con un diametro di 800 metri, e da moltissimi piccoli vulcani secondari denominati coni avventizi, che sono i principali autori dell’emissione costante di fumo. In cima, si aprono molte fenditure, tra cui la più importante che presenta pareti ripidissime di altezza pari a 1200 metri, causata da un’eruzione molto remota, e al cui fondo risiede lava solidificata e tufo.
A quasi 3000 m di altitudine, sul versante del cratere centrale, appaiono quattro crateri:

  • Quello di sud-est, nato nel 1978;
  • L’immenso cratere centrale;
  • Quello di nord-est, la cima più alta, la cui attività non si è più manifestata dopo il 1971;
  • La Bocca Nuova, ultimamente la più attiva.
Sommità dell’Etna

Tipo di attività

Questo vulcano è caratterizzato da un’attività prevalentemente esplosiva, di tipo stromboliano, poiché il magma proprio dell’Etna è ad alto contenuto di Silice che provoca la violenta ed improvvisa espansione dei gas vulcanici contenuti nel magma, da cui ne consegue la “frammentazione”.

Depositi originati dalle eruzioni

La frammentazione del magma forma diversi tipi di prodotti, detti anche tephra o piroclastiti. In base alle loro dimensioni si dividono in:

bombe >64 mm

lapilli compresi tra 2 e 64 mm

ceneri <2mm

Durante il processo di frammentazione, l’espansione dei gas produce delle cavità dette vescicole all’interno delle piroclastiti.

In base alla vescicolazione dei prodotti, cioè alla quantità e alle dimensioni delle vescicole, le piroclastiti si dividono ulteriormente in pomici e scorie.

In generale le pomici sono prodotte da magmi acidi, sono di colore chiaro e presentano microvescicole, mentre le scorie sono prodotte da magmi basici, sono nere e hanno vescicole di dimensioni maggiori.

Rischio vulcanico associato

Le colate laviche dell’Etna, a causa della loro viscosità bassa e della conseguente bassa velocità di scorrimento, non sono tali da costituire un pericolo per l’incolumità delle persone. Nel caso in cui la fuoriuscita di lava avvenga da bocche poste ad alta quota, raramente i flussi raggiungono i centri abitati. Solamente nel caso di eruzioni di lunga durata, si può presentare tale eventualità.

Nel caso in cui le colate giungano a minacciare un centro abitato, è comunque normalmente possibile attuare interventi di condizionamento del loro percorso, mediante tecniche differenti che possono consistere nella costruzione di barriere in terra, nella brecciatura degli argini dei canali per provocarne il deflusso in direzione diversa, nell’escavazione di canali artificiali, ecc., come è stato già fatto nel corso delle eruzioni del 1983, 1992, 2001 e 2002.

Il rischio maggiore si ha quando l’effusione di lava avviene da bocche poste a bassa quota: in tal caso il tempo per effettuare interventi di condizionamento dei flussi sarebbe chiaramente ridotto e più probabilmente si dovrebbe ricorrere all’evacuazione della popolazione dalle aree minacciate, in conformità ai piani d’emergenza.

Le emissioni di cenere, abbastanza frequenti, seppur non costituiscono un fattore di rischio per la vita umana, possono causare notevoli disagi al settore dei trasporti, danni economici e, in caso di esposizione prolungata senza opportune precauzioni, patologie all’apparato respiratorio. La ricaduta di ceneri causa notevoli danni all’agricoltura, forti disagi alla circolazione aerea e alla gestione degli aeroporti di Catania Fontanarossa, Sigonella e di Reggio Calabria.

Le misure di prevenzione adottate nel caso di ricaduta di grandi quantità di ceneri, come durante l’eruzione 2002-2003, prevedono la distribuzione di mascherine protettive, per evitare complicazioni alle vie respiratorie, la pulizia dei tetti delle abitazioni, delle strade e autostrade, al fine di evitare incidenti e l’intasamento delle reti fognarie.

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